ROSETTA, LA MISSIONARIA LAICA CHE HA TRASFORMATO LE FAVELAS IN MODELLO DI RISANAMENTO |
Gianluigi Da Rold Belo Horizonte
- Quattro ragazzini ,con la camicia aperta
e i calzoncini corti. La faccia
giá segnata e insolente . Pochi metri più avanti due uomini su
una macchina ferma a un angolo, a “sorvegliare”e a controllare il
traffico di droga, crack soprattutto.I ragazzi guadagnano 100 reais al
giorno, centomila lire, in un paese dove il salario minimo è di 180 reais
al mese. Siamo ai margini del quartiere “Primeiro de maio”, 50mila
abitanti, un morto ammazzato al giorno, periferia nord di Belo Horizonte,
terza città del Brasile. La strada dei giovani pusher sfocia in un grande
spiazzo dove, con capitali
olandesi, francesi e americani, è stato costruito
un grande ipermercato. Sulle grandi insegne si legge: “lojas
americanas”, negozi americani. Le contraddizioni del Brasile
restano identiche da decenni. Nello spazio di pochi metri, il degrado
sociale e il supermercato , le favelas sulle colline e i grattacieli nella
valle di fronte, la “vasca”per lo shopping di lusso nel centro della
citta e i negozi di ogni tipo di merce nelle periferie. Qui, come si vive
la globalizzazione ? Una ragazzina di 16 anni, alla
scuola municipale della favela Santa Maria, spiega: “Ne abbiamo sentito
parlare tantissimo, ma nessun professore
l’ha spiegata” La ragazzina, bella, mulatta, frequenta, il
sabato mattina, un corso preparatorio che la porterà a diventare una
studentessa lavoratrice: formazione professionale piu un lavoro. A
consigliare e ad assistere lei e i suoi amici, tutti ragazzi che abitano
nelle favelas (il 25 per
cento della popolazione brasiliana vive in queste baracche) sono italiani
e brasiliani dell’AVSI ( Associazione volontari per il servizio
internazionale). La storia dell AVSI parte da
Belo Horizonte in Brasile. Nel 1964 ci arriva un sacerdore milanese, di
porta Romana, Pierluigi Bernareggi. Nel 1974 si ferma Rosa Brambilla . Poi
arrivano Livio e Anna Michelini. Oggi a dirigere l AVSI c ‘è Enrico
Novara, un ingegnere. I Michelini sono tornati in Italia, don Pigi e la
Rosetta abitano proprio nel “Primeiro de maio”. La storia di queste
persone, quello che hanno realizzato e quello che continuano a fare,
è un esempio su cui dovrebbero meditare in molti, quando si parla
di “risolvere i problemi del mondo”. Il sociologo Roland Robertson
spiega la globalizazzione come una “compressione del mondo” o la
“coscienza dell’unitarietà del mondo”. Piu brutalmente, il
finanziere George Soros ha recentemente detto che la globalizzazione è
soprattutto “spostamento di capitali in tutto il pianeta”. Non si è
ancora capito bene che cosa della globalizzazione pensino Agnoletto,
Casarini, Ramon Mantovani e Bertinotti. Ma tutti hanno una loro tesi , una
loro spiegazione, un pò astratta, per
difendere i “dannati della terra” dalla nuova svolta epocale portata
dall’economia che corre alla velocità dell’elettronica.
Forse dovrebbero ascoltare Rosetta Brambilla e i suoi amici.. Quando arriva a Belo Horizonte
nel 1974, Rosetta lavora di notte all’ospedale come infermiera (il suo
mestiere) e di giorno va a trovare le famiglie dei favelados. Nel suo
“dna” culturale e umano c’è il concetto di carità che ha imparato
da don Luigi Giussani: “Lo spettacolo della condivisione”come spesso
dice il prete lombardo. Giussani
non si è fermato alle immagini, ha spiegato: “Quando l’impegno con il
bisogno non rimane pura occasione di reazione compassionevole, ma diventa
carità, cioè coscienza di appartenenza a una unità più grande,
imitazione nel tempo del mistero infinito delle misericordia di Dio,
allora l’uomo diventa per l’ altro uomo compagno di cammino. Diventa
un cittadino nuovo”. Rosa Brambilla
segue questo principio. Non protesta, non propone rivoluzioni, non
va ad arringare i favelados, ma li aiuta direttamente nella favela,
condivide la loro condizione. Spiega che, persino in una baracca, si può difendere la propria
dignità di uomini, di persone. Si possono allargare le strade, dipingere
le pareti, organizzarsi per curare i bambini, far arrivare la luce
elettrica, il gas, l’acqua. Rosetta e i suoi amici fotografano le favelas di Belo
Horizonte dall’alto. Ridisegnano le stradine, coinvolgono i favelados.
Quando si tenta un primo intervento di risanamento nella favela di Nossa
Senhora Aparecida, quelli dell’AVSI vengono scambiati per dei matti o
addirittura per gente che non vuole cancellare i luoghi della
miseria. Da destra e da sinistra, la favela è dipinta come un
problema. Loro rispondono, con un paradosso, che la favela “non è un
problema, è una soluzione”. E i favelados scelgono
Rosetta e i suoi amici. Spacciatori, delinquenti, prostitute,
emarginati di ogni tipo si mettono a difendere le loro baracche , a
renderle per quanto possibile piu confortevoli. Avviene il miracolo,
talvolta capita. Dieci anni fa , nei mesi di pioggia, la favela si
sgretolava, rotolava dalle colline. E’ storia passata. Oggi Nossa
Senhora Aparecida è
diventata un modello di risanamento adottato dal comune di Belo Horizonte
e in tante altre città del Brasile. In definitiva, si potrebbe
dire, la carità cristiana batte tutti i piani regolatori con le ideologie
annesse e connesse. Ma sarebbe troppo semplice liquidare i problemi con
l’applicazione del principio della caritativa. In realtà, da
quell’esperienza di umanità, di condivisione dei problemi , nasce
lentamente una autentica impresa, che non rinnega mai il suo punto di
partenza, ma adotta tutti i parametri professionali necessari per
affrontare la realtà del Brasile. In questi anni il paese è cresciuto,
il suo Pil è l’ottavo nel mondo, ma nella graduatoria ONU dello
sviluppo umano resta al sessantanovesimo posto. L’AVSI che si trasforma
impresa ha bisogno di tecnici, ingegneri, medici, urbanisti,
professionisti in ogni settore. Dopo il risanamento delle favelas, ecco i
corsi di formazione professionale e di ricerca di lavoro per i ragazzi,
poi i programmi di educazione infantile. La Rosetta si schernisce e dice:
“Le cose vengono cosi, da sole. E inutile fare programmi”. Ma in realtà,
lei e i suoi amici hanno creato un’opera funzionante, che ha un grande
valore sociale ed economico. Nella realtà di violenta
modernizzazione brasiliana, Rosa Brambilla e quelli dell’AVSI cominciano
ad aprire consultori medici,
poi fondano asili . Enrico Novara spiega la difficolta dei rapporti con le
autorita locali: “Vivi con donazioni. Quando il comune si accorge della
bontà di un progetto, ti aiuta con un terzo del costo giornaliero per un
bambino. Ma il fatto importante è che le autorità civili si sono accorti
della bontà di questi progetti, della loro funzionalità”. Oggi Rosetta Brambilla dirige tre asili: “Jardin felicidade”, “Dora Ribeiro”, Ëtelvina Caetano de Jesus”. In tutto sono 550 bambini, che vivono nelle favelas, con una madre sempre certa e un padre che, in Brasile, piu che incerto, è saltuario o sconosciuto. Le madri portano i bambini all’asilo e qui ci sono volontarie italiane, brasiliane che li fanno mangiare, li lavano, li accudiscono e alla sera li restituiscono alle madri. Sabato 11 agosto, proprio nell’asilo dove stazionano i giovani pusher della droga si è tenuta la “Festa del peso’: medici universitari guardano lo sviluppo dei piccoli, li pesano li misurano, danno consigli alle madri. Poi fanno una festa. In tutti questi anni, Rosetta
Brambilla ha sentito parlare di “teologia della liberazione”, di marxismo latino-americano, di castrismo, di guevarismo, di
“terapia choc” capitalista e adesso di globalizzazione e di
antiglobalizzazione. Lei insieme all’AVSI
ha creato un’opera che funziona ed riconosciuta da tutti.
Bisognerebbe fare un calcolo approssimativo di quante persone ha salvato
la Rosetta in confronto ai “redentori ideologici”e ai pianificatori di
tutto il mondo.
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