Cooperazione non buonismoda «IL GIORNALE», 24/11/00, p. 8 di Giorgio Vittadini |
Oltre
100mila volontari danno vita alla Giornata nazionale della Colletta
Alimentare. Domani, davanti a 2.400 supermercati in tutta Italia, questi
volontari chiederanno alle persone di fare anche la «spesa della
solidarietà», comperando cioè alcuni prodotti per donarli a famiglie
italiane che non hanno i soldi per fare la «loro spesa». Nella settimana
successiva, in oltre 300 città italiane e straniere parte l'iniziativa
delle «Tende di Natale», che da 10 anni raccoglie fondi per progetti di
assistenza e cooperazione nel Terzo mondo, oltre che in Italia. Questi non
sono atti di cosiddetta semplice bontà. I modi e le forme in cui questi
gesti si sviluppano sono il frutto d'un senso d'appartenenza
all'esperienza di fede. Sono gesti di obbedienza e di carità, come quelli
che faceva don Giussani negli anni '50 quando, giovane sacerdote, andava
«in missione» nella Bassa milanese per condividere i bisogni della gente
che viveva in povertà. Viviamo un'esperienza che è radicalmente diversa
dall'idea di bontà, dal buonismo che è tanto di moda. Diversa, anzi
opposta, anche all'idea di volontariato di cui lo Stato si fa forte per
dare ai bisogni delle persone quelle risposte che il welfare
state non sa più dare. Nessuno di noi vuole «salvarsi» con un gesto
di generica bontà la coscienza personale. Al contrario, siamo convinti
che, pur con tutti i suoi sforzi e la sua intelligenza, l'uomo da solo non
basta. È l'appartenenza all'esperienza di fede vissuta in comunità che
crea un'autentica bontà ed è capace di coinvolgere in gesti di
solidarietà anche chi non è cristiano, attraverso opere che durano nel
tempo. È da questi atti, nati dalla nostra appartenenza all'esperienza di
fede, che abbiamo scoperto che in una città ricca e moderna come Milano
ci sono nuove povertà, anziani soli, famiglie disperate che devono
assistere malati mentali o handicappati gravi, con spese che non vengono
sostenute dal Servizio sanitario nazionale. Si scoprono le povertà
culturali, di coloro che non hanno istruzione e neppure possibilità di
socializzazione e che, inevitabilmente, finiscono nella drammatica
statistica delle devianze giovanili. INTERVENTI
PRESI COME ESEMPI Possiamo dire di aver sviluppato iniziative e risposte ai bisogni delle persone realmente efficaci, in Italia e nel mondo. Per fare pochi esempi: nel nostro Paese, la Fondazione Banco Alimentare dà ogni giorno da mangiare a un milione circa di persone, raccogliendo e distribuendo a 5mila enti assistenziali le eccedenze delle industrie alimentari e dei supermercati; in Brasile, l'Avsi ha fatto diventare protagonisti della ricostruzione della favela di Salvador de Bahia gli stessi poveri favelados. Erano ben 18mila persone, che vivevano in condizioni disumane. Il progetto realizzato in Brasile è stato talmente ben attuato che l'Onu e la Banca mondiale hanno deciso di seguire lo stesso metodo per risanare un'altra favela di Bahia, dove attualmente vivono 120mila persone. Il metodo che abbiamo usato ha fatto scuola anche a livello sanitario. La prestigiosa rivista inglese Science ha definito meritoria di dignità scientifica l'azione dell'Avsi anche in Uganda, dove sono stati creati centri di accoglienza per malati terminali di Aids. In questi centri gli ammalati sono trattati come esseri umani prima che come persone-oggetto di terapie farmacologiche. Noi riteniamo che chi opera in questo modo non risponde solo a un bisogno, ma condivide il senso della vita, nei confronti del quale nessuno di noi può definirsi «autosufficiente.
Presidente Compagnia delle Opere Giorgio Vittadini
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