Miti e Leggende

 

Kroton

Furono gli Achei nell' VIII sec. a.C. a fondare Kroton. La leggenda vuole che Myskellos di Rhype ebbe l'ordine, da parte dell'oracolo di Apollo a Delfi, di fondare una nuova città fra Capo Lacinio e Punta Alice. Myskellos dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, pensò che invece di fondare una nuova città, forse era meglio fermarsi a Sybaris che era già bella ed accogliente. Al contrario, il dio, adirato, gli ordinò di fermarsi fra il promontorio Lacinio e Krimisa. Secondo Ovidio, invece, Myskellos, si recò sulle rive del fiume Eraso per ordine di Eracle, l'eroe greco che compare nei miti per la fondazione di nuove città della Magna Grecia, mentre la tradizione fa risalire il nome della città all'eroe Crotone, fratello di Alcinoo re dei Feaci. Si narra anche che a Kroton arrivò Orfeo, il quale plasmò di sé l'ambiente naturale con il fascino dei misteri sulla trasmigrazione delle anime. Sembra che sul promontorio di Capo Lacinio, dove si ergeva l'altare dedicato a Hera, le donne di Kroton deponessero i propri gioielli su indicazione del filosofo Pitagora, il quale, nello splendore della Magna Grecia, predicava una vita frugale a supporto di una morale severa e ascetica. Pare anche che in questi luoghi Alcmeone fece i primi esperimenti anatomici, avviando le basi per una ancora embrionale scienza medica. Ma la fama di Kroton era legata alla salubrità del suo clima e alla forza dei suoi uomini. Infatti superò, in numero di vincitori dei Giochi Olimpici, ogni altra città greca. A conferma di ciò esiste un antico proverbio che dice: " Ultimo dei Crotoniati primo dei Greci ".
 

Fata Morgana

Racconta una leggenda che al tempo della discesa dei barbari verso il sud, un'orda di questi conquistatori, dopo aver attraversato tutta la penisola, giunse sulle rive dello stretto di Messina. Il re barbaro, soggiogato dalla bellezza che vedeva di fronte, spiagge coperte di arance ed ulivi e il grande monte fumante chiamato 'Etna', passava intere giornate a pensare a come poterla raggiungere ed impadronirsene. Ma, siccome non possedeva neanche una barca per poter attraversare il mare, si disperava. La sua disperazione venne udita da una fata, Morgana, che, spinta da compassione, decise di venire in suo aiuto.  Era un pomeriggio di settembre, il cielo e il mare erano senza un filo di vento ed una nebbiolina sottile velava l'orizzonte. Morgana disse al re di guardare ai suoi piedi e questi vide nell'acqua, nitidissimi, come se potesse toccarli con mano, i monti dell'Isola coperti di uliveti, le spiagge verdi di arance e limoni, il porto di Messina con i bastimenti, i moli e persino i marinai che caricavano le merci. Con un grido di gioia balzò giù da cavallo, si tuffò nell'acqua, l'incanto si ruppe e, trascinato giù dal peso della sua armatura, quel re affogò miseramente. Un'altra leggenda vuole che fata Morgana, per convincere Ruggero d'Altavilla a conquistare la Sicilia, gliela fece apparire così vicina da poterla toccare con le mani. Ma l'orgoglioso re Normanno non si volle impadronire dell'isola con il sortilegio e così…ci mise trent'anni a conquistarla da solo! Un giorno, racconta un'altra leggenda, Morgana condusse suo fratello , re Artù, ai piedi dell'Etna e, colpita dalla bellezza del luogo, decise di non andare più via. Così, stabilì la sua dimora dove i marinai non osavano avvicinarsi a causa delle forti tempeste e proprio lì costruì il suo palazzo di cristallo. Ancora oggi, di tanto in tanto, da questo posto,situato nello stretto di Messina, Morgana richiama alla memoria Camelot, i castelli, le foreste incontaminate ed altri ricordi felici. Qualcuno ha visto Morgana uscire dall'acqua con un cocchio tirato da sette cavalli, mentre, altri dicono di averla vista su di un vascello d'argento. Di tanto in tanto, Morgana esce dal mare, traccia dei segni nel cielo e getta in acqua tre sassi. Allora ecco che il mare si gonfia e sembra diventare una piazza di cristallo sulla quale compaiono immagini di città bellissime, di uomini, di arcate, castelli che si trasformano in selve, pini, cipressi ...

IL FENOMENO

E' un fenomeno ottico, che prende il nome di 'Fata Morgana' ed è simile a un miraggio che si verifica sul lungomare di Reggio Calabria che fu definito da D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia". Si tratta di un luogo magico che è in grado di regalare ai fortunati passanti un vero e proprio incantesimo ad opera della fata E', infatti, nelle giornate particolarmente limpide e senza vento, quando cielo e mare sono praticamente immobili, che i paesi ed i palazzi della costa siciliana si specchiano nel mare e sembrano così vicini da poterne distinguere gli abitanti.

La leggenda di Scilla
Scilla oggi è un'amena e pittoresca cittadina calabrese, ma anticamente era...un mostro orribile. Prima di divenire tale, però, era stata una leggiadra ninfa, dalle guance rosee, dai lunghi capelli neri e dallo sguardo penetrante. Un giorno la vide Glauco, un dio marino, che se  ne innamorò; ma non essendo questo sentimento ricambiato dalla ragazza, il nume sdegnato e inferocito, la tramutò coi suoi poteri magici in un mostro. Conservava ancora l'aspetto di una fanciulla nel volto e dalla cintola in sù, ma aveva la parte inferiore a forma di pesce e la coda di delfino. Disgustata dal suo aspetto ed in preda alla disperazione, Scilla si buttò in mare e dal gorgo che la inghiottì, sorse un'alta scogliera nella quale continuò a vivere la perfida anima del mostro, particolarmente accanito con i naviganti.
A far da contrapposto a Scilla, la leggenda pose al di là dello Stretto, un altro mostro feroce: Cariddi, il quale tre volte al giorno inghiottiva le acque e tre volte le rigettava. Era quindi assai difficile la navigazione, o si era risucchiati o si era travolti; e se si riusciva a salvarsi da Cariddi ecco Scilla che attraeva, come una calamita, l'imbarcazione che andava inesorabilmente a schiantarsi contro la sua lucida scogliera.

Le campane di Tropea
Durante il medioevo, le coste calabre, erano soggette alle invasioni dei pirati Saraceni e Turchi. Una volta un'imbarcazione piratesca, entrata di notte nel Golfo di Sant'Eufemia ed attraccata a riva, si accorse che sulla collina brulicavano dei lumi e ritenendo, giustamente, che ivi sorgesse un villaggio, bramosi di predarlo si incamminarono in quella direzione. Il villaggio si chiamava Ciaramiti ed in quell'ora notturna si stavano festeggiando le nozze di due giovani, con canti e danze, al lume di fiaccole ardenti. Sulla folla gioisa piombarono d'improvviso i pirati, facendo tutti prigionieri. Ma prima di ritornare al battello essi pensarono di saccheggiare anche un altro paese nelle vicinanze: Tropea. Ignari del pericolo i tropeani erano immersi in un sonno profondo... su di loro però vegliava Santa Domenica vergine e martire, nativa di Tropea. Mentre i predoni si avvicinavano, d'improvviso le campane della chiesa si misero a suonare da sole ed i pirati credutisi scoperti si diedero alla fuga. Al suono delle campane i tropeani scesero in strada, ma non trovando nulla rimasero stupefatti e non compresero nè la ragione di quel suono, nè chi l'avesse provocato. Solo più tardi, quando i prigionieri di Ciaramiti riuscirono a sfuggire ai turchi, essi si resoro conto del grande miracolo che li aveva salvati.

Alcune superstizioni
Il malocchio, consisterebbe in un influsso malefico che si ritiene emanato da certi individui. Basterà cacciarsi in qualche ngolo delle tasche dei granuli di salgemma o un cuoricino di stoffa con dentro: sale, incenso e fronde d'olivo.

Quando si sente un prurito all'orecchio destro è segno che qualcuno sparla di noi; segno che altri ci loda, invece, è il prurito all'orecchio sinistro.

Il pigolio notturno della civetta è di cattivo presagio, ma se essa apporta sventura dove guarda, al contrario reca fortuna al luogo in cui si ferma.

Olio o sale che cadono inavvertitamente portano male, ma non così il vino che è segno d'allegria.