NE UCCIDE PIU' LA PENNA
CHE
LA SPADA,,,
Riporto l'incipit di un
articolo di Enzo Biagi dal titolo "La
Storia non c'insegna nulla", pubblicato
sul settimanale "TV Sorrisi
& Canzoni" n° 40, attualmente (28/9/2001)
in edicola. Scrive Biagi:
"La Storia sceglie spesso pretesti banali. Anche
i gesti esaltati dai libri scolastici, fuori dall'enfasi,
possono apparire perfino ridicoli.
Cornelia che, mostrando la prole, dice orgogliosamente
"Questi sono i miei gioielli", avrebbe avuto
certo molta difficoltà a piazzarli al banco dei
pegni.
Muzio Scevola che infila nel caldano il braccio che ha
sbagliato, tutto sommato è un fesso: è la
testa che fissa l'obiettivo.
Enrico Toti, gloria nazionale, che
è senza una gamba e lo arruolano, nientemeno nei
bersaglieri ciclisti, è, oltre che un impavido,
un'assurdità: se invece della stampella lancia
al nemico una banana, diventa esempio di coraggio e di
valore?
"
Prosegue chiedendosi, se sia stato "Più importante
per l'evoluzione dell'umanità lo sbarco sulla Luna
o l'invenzione della lavatrice?
"; conclude
poi l'articolo così: "Molti escludono che
la Storia insegni qualcosa" e cita al proposito un
aforisma di Eugenio Montale: "La storia non è
magistra di niente che ci riguardi".
La mia opinione sul dilemma Luna-lavatrice è che
entrambi sono stati eventi significativi. Generazioni
di massaie l'hanno sognata, ha contribuito al miglioramento
dell'igiene e quindi della qualità della vita;
senza dubbio, seppur in minima parte, avrà anche
beneficiato del progresso di quella tecnologia che ha
consentito all'Uomo di mettere piede sulla Luna. Neil
Armstrong ha compiuto quello più spettacolare,
ma tutti e due questi momenti della Storia hanno pari
dignità.
Una dignità che Biagi sembra non riconoscere ad
Enrico Toti.
L'Eroe romano sarebbe un "assurdo" della Storia,
uno scherzo del Destino. Il lancio della gruccia in faccia
al nemico, "fuori dall'enfasi può apparire
ridicolo", scrive Biagi.
Io non lo trovo ridicolo, e neppure così enfatico.
Tirare addosso al nemico soverchiante la stampella è
un atto di sprezzo e di sfida al massimo livello. Una
sfida lanciata da uno che dal Destino era già stato
sfidato, era già stato pesantemente colpito ma
non aveva rinunciato a lottare.
Toti, dopo aver passato undici anni in Marina, si congedò
ed entrò nelle Ferrovie, servendo in un certo senso
il Paese anche senza stellette. Dopo l'incidente che gli
costò la gamba sinistra, compì in due anni
un giro del mondo in bicilcetta: se l'impresa appare ardua
al giorno d'oggi, figuriamoci nel 1911!
Non contento, nel 1915 vinse ogni resistenza e si arruolò
di nuovo come bersagliere ciclista. Perché lo fece?
Nessuno, di certo, avrebbe mai potuto tacciarlo come "imboscato":
alla Patria aveva già dato 10 anni di vita ed una
gamba. Evidentemente per Lui non era ancora abbastanza.
Riflettiamoci noi, pieni di gente pronta (a parole) a
spaccar montagne ed altrettanto lesta a fare dietro-front
a passo di carica
Si dice spesso che non importa morire, ma è importante
come si muore. Toti, non avendo più nulla da perdere,
dopo le munizioni tira addosso agli Austriaci tutto quello
che ha, stampella compresa. Tutto è buono, tutto
può essere utile per fermarli; anche una gruccia,
per paradossale che sia, può far incespicare qualcuno
nell'atto di lanciare una bomba o di aggiustare la mira.
Quale sarebbe ora il mio giudizio se Toti avesse lanciato
delle banane?
Identico, e forse carico di un significato ancor più
dispregiativo: "Masnada di bifolchi ottusi, io muoio
ma prima vi prendo a colpi di cibo, di banane, l'unica
cosa che per voi ha qualche senso, scimmioni che non siete
altro!".
Mi rendo conto che, così facendo, probabilmente
non gli avrebbero concesso la Medaglia d'Oro, ma sarebbe
passato alla Storia comunque.
Perché nessuno ricorda mai Aurelio Zamboni ed il
suo braccio monco gettato contro i tanks inglesi? Perché
è successo in una guerra "scomoda", "sbagliata",
"fascista", ma soprattutto "persa".
Anche lui sarebbe un'assurdità, un prodotto della
tronfia enfasi mussoliniana?
Toti e Zamboni erano persone normali. Non erano dei "Rambo"
o dei bulli di quartiere, e trovatisi loro malgrado in
frangenti eccezionali hanno reagito da persone eccezionali.
Quando tutto era perduto senza possibilità di qualsivoglia
salvezza, hanno deciso di chiudere "in bellezza",
senza troppi piagnistei sulla sorte meschina. Con la coscienza
di aver dato e fatto tutto il possibile per gli altri
commilitoni, per i compagni, per l'avvenire, per la Patria
e per la sua causa, giusta o sbagliata che fosse.
Guardiamo al di là del "gesto", ma mi
rendo conto che nell'Era dell'Immagine questo non è
facile.
Un detto suona press'a poco così: è fortunata
la Nazione che non ha bisogno di eroi.
Io aggiungo: è misera quella che non ne ha mai
avuti!
L'Italia, passati i fasti dell'epoca romana, nei secoli
non ha mai brillato per doti belliche: perché bisogna
biasimare e schernire, sbertucciare (per restare in tema
di scimmie e banane
) i singoli che, invece, hanno
avuto coraggio da vendere?
Non disperdiamo la Memoria, altrimenti fra una ventina
d'anni i bambini (ammesso che non accada già!)
ci chiederanno che senso ha avuto erigere una statua ad
un uomo senza una gamba. E non troveranno nessuno in grado
di rispondergli.
Guerre ed ingiustizie proseguono initerrotte dalla notte
dei tempi: questo è dunque il fallimento della
Storia? No.
La Storia insegna, ma è l'Uomo che non vuole imparare.
A. Calebich
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