Ass. Naz. Bersaglieri Sez. di Desenzano
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…….. A Marsa el Aùegia.
Partiamo all’alba. Il ghibli continua, ma con intensità minore. I pratici dicono che cesserà del tutto al sorgere del sole: speriamo.
L’asfaltatura corre tra il mare ed il deserto sirtico.
Sirte, civettuola, ci vede passare dall’alto del poggio sul quale è appollaiata.
Oltre Sirte il ghibli aumenta contrariamente alle previsioni. La strada, a tratti, è coperta da uno strato, piuttosto alto di sabbia.
Verso es Sultan arriva il sole che con molto sforzo spazza le nubi e rischiara l’aria.
Un gruppo di gazzelle, ritte sulle gambe sottili, ci guarda passare da breve distanza.
Arriviamo verso le quattordici.
La strada, una casa cantoniera e il deserto. Il mare non si vede più. E l’acqua? Dove si può prendere? Mi indicano En Nofilia. Ci arrivo percorrendo una strada impossibile, tutta buchi e con molti centimetri di polvere. E’ la prima pista che percorro. La pista è la strada del deserto. Si forma a forza di passarvi.
Verso En Neofilia, sul margine della pista, seminascosta dai cespugli, trovo una fossa segnata da una croce con un nome ed una data. E’ la tomba di un Caduto.
In questa zona gli inglesi giungevano con le loro puntate di esplorazione. Siamo giunti in zona di operazione. Ce lo dice anche un cartello:- Attenzione alle mine! – Campo minato! – Basterebbe andare oltre quel cartello per saltare in aria ed aumentare il numero delle fosse ai margini della pista!
Ad En Neofilia: un forte e poche case saccheggiate. Trovo un brigadiere dei carabinieri ed alcuni soldati del genio in servizio ai pozzi. Le pompe sono guaste, niente acqua.
Provo a Marsa el Aùegia e trovo acqua in abbondanza.
Quando il reggimento arriva posso comunicare la sempre desiderata e lieta notizia che anche qui i bersaglieri potranno avere quanta acqua vogliono per i loro bisogni.
Notte all’addiaccio. Nella casa cantoniera ho rimediata una sola stanzetta per il Sig. Colonnello.
Noi dormiamo sotto i teli da tenda distesi lungo un muro.
Quanto tempo ho dormito? Non so. Mi sveglio di soprassalto. Sento qualcosa che si muove vicino alla mia testa e un fiato caldo alitarmi sul viso. Balzo in piedi. E’ vergognoso, ma ho proprio avuto paura.
Uno sciocco di cammello ha voluto vedere chi aveva occupato il posto dove lui era solito sdraiarsi la notte.
Gli altri ufficiali, che si sono svegliati, ridono alle mie spalle.
Li avrei voluti vedere al mio posto!

…….. ad Agedabia.

Alle tre è arrivato un fonogramma cifrato che ordina di sollecitare la nostra marcia; di non fare la tappa prevista a Marsa el Brega; di proseguire per Agedabia.
Io col tenente B… devo partire subito portando con me, oltre gli attendenti, sei staffette motociclisti che mi serviranno per eventuali comunicazioni al reggimento e come sicurezza personale.
Il Signor Colonnello mi dà gli ordini e conclude: - Ricordatevi che dopo l’arco commemorativo (arco dei Fileni) entrate in territorio appena rioccupato, che il rastrellamento degli elementi nemici non è ancora finito e che non ci sarebbe da meravigliarsi se aveste qualche disturbo. Marciate con le dovute precauzioni. –
Intanto che il Signor colonnello parla guardo di sottecchi il tenente B…., mio compagno d’avventura. Quando usciamo mi dice un po’ seccato: - Se il Signor Colonnello ci fa accompagnare dai sei motociclisti con l’intenzione di darci il coraggio, del quale ha creduto abbiamo bisogno per andare avanti così, soli allo sbaraglio, con vostro permesso, gli dico che non abbiamo bisogno di nessuno e che lasciamo qui anche l’autista, guido io. –
Acciderba che tirata! Me l’ha gettata lì senza tirare il fiato! Bravo questo tenente; uomo di fegato sicuro.
Lo tranquillizzo in parte dicendogli che il Signor Colonnello Comandante ci conosce troppo bene per dubitare del nostro coraggio!
Ore 4 partenza! Il tenente B….. non è ancora persuaso sui motociclisti! Per non sentirlo più mugugnare do ordine a quelli di seguirci a cinquecento metri.
L’Arco dei Fileni si profila all’orizzonte nell’incerta luce dell’alba. La sua vista mi fa ripensare alla vita tranquilla di casa. Il racconto dei due fratelli Fileni era sul libro di terza se non mi sbaglio. Vi ricordate Elda e Giangiacomo? Chi avrebbe immaginato allora che io sarei passato proprio da qui dove i due fratelli, vicini a morire, trovarono la forza di darsi coraggio a vicenda, orgogliosi di sacrificarsi per la Patria?!
El Agheila! Questo nome ci ha fatto tirare un respiro di sollievo giorni addietro! Qui ha avuto luogo il primo combattimento della controffensiva. Qui gli inglesi le hanno prese sode.
Si capisce dai residui dei loro carri armati rovesciati; dai loro elmetti a padellina, sparsi dappertutto; dai pastrani cachi abbandonati, dalle numerose fosse dei loro Caduti, dai materiali sparsi un po’ dappertutto. Deserto e deserto! Non un’anima vivente per i 260 chilometri percorsi oggi!
Agedabia ci si presenta, improvvisamente, oltre una piccola duna che la nascondeva alla nostra vista.
Gli inglesi, nella loro avanzata sono giunti prima a Agedabia che a Bendasi. Le loro colonne, presa Tobruch, si sono gettate su Derna e su El Mechili.
Mentre la colonna principale, aggirando il Gebel pirenaico, si avvicinava a Bendasi, colonne leggere conquistavano Soluch ed Agedabia. Gli inglesi riuscivano così a compiere la manovra che diede loro la possibilità di serrare in una morsa, tutte le nostre truppe che stavano ritirandosi lungo la litoranea.
Fuori del paese vi è un cimitero di guerra con tante croci coperte dal casco piumato. Sono le fosse dei Caduti del 10° bersaglieri che qui ad Agedabia, durante la ritirata si è sacrificato.
Il reggimento, negli ultimi chilometri, anche in questa tappa, è ostacolato dal ghibli.
Scelgo per gli accampamenti il villaggio arabo disabitato. Le tende, addossate ia muri, nei cortiletti, sono riparate dal vento. Il Comando va all’albergo Agedabia che gli australiani hanno saccheggiato e devastato.
Io dormo con altri ufficiali in un’aula scolastica delle scuole italiane. C’è ancora la cattedra e la lavagna con un elenco di nomi inglesi. Di traverso un ignoto ha scritto semplicemente: - Farabutti le pagherete tutte!-
Sto per sdraiarmi sul lettino da campo quando sento delle esclamazioni di gioia. I miei colleghi, in giro di perlustrazione dei locali, in uno stanzino, nascosta sotto un mucchio di calcinacci del soffitto crollato, hanno trovata una cassetta con sei bottiglie di barolo, dico sei.
E’ inutile che racconti la fine di queste povere bottiglie! Non le abbiamo sturate perché non avevamo il cavatappi. Abbiamo fatto saltare loro il collo con una baionetta. Tra noi, vi sono diversi specialisti nell’aprire le bottiglie in questa maniera. Nel berle poi…… siamo tutti eguali.

…….. a Bengasi.

Ormai siamo in pieno teatro di guerra.
Parto con la solita scorta per Bengasi.
La strada ha dei tratti completamente rovinati. Gli aerei tedeschi e nostri hanno spezzonato notevolmente le colonne inglesi in ritirata.
Ai margini della strada carri armati, autocarri, autovetture, autoblindo colpiti, danneggiati, rovesciati; mucchi di proiettili, alcune fosse di Caduto.
E’ il solito spettacolo che lascia dietro di se il combattimento.
A metà strada circa, incrociamo con una compagnia d’ascari libici che avanza in ordine di combattimento. Fa parte di una colonna che sta perlustrando e rastrellando il terreno.
Stamane all’alba un gruppo di australiani ha assaltato una colonna di autocarri carica di viveri, l’ha saccheggiata poi si è eclissato.
Arriviamo a Bengasi verso le quindici.
Bengasi è bella, pulita, linda, con piazze giardino graziose.


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