I tedeschi
aiutano la Ridotta con le loro armi automatiche e neutralizzano
le ondate australiane attaccanti.
Nell'impeto di un contrassalto, mentre trascina gli uomini
con le bombe e mentre il nemico fa scempio dei corpi dei
bersaglieri feriti, cade Giacinto Cova: medaglia d'Oro.
E' il 15 maggio e le sue spoglie sono pietosamente raccolte
dai superstiti.
L'VIII Battaglione bersaglieri corazzato in questi giorni
ha tutta una lunga storia da raccontare.
Li comanda il maggiore Silvano Bernardis di Lussin Piccolo.
Cresciuti con l'aria di Dalmazia e dell'Adriatico nei
polmoni, a Pola, casa sua, era stato istruttore degli
Allievi Ufficiali di quella scuola ed ora è qui
in terra d'Africa a comandare un gruppo di autoblindo
tipo 41 che con i loro diciotto millimetri di corazza
offrono ai proiettili perforanti britannici la resistenza
del cartone pressato.
Bir Hakeim, Trigk, Capuzzo, Bir el Gobi, el Duba, Sidi
Resec sono i nomi delle sue battaglie e dei suoi caduti.
Il 29 maggio a Got el Ualeb cade il capitano Giuseppe
Ruffo Albanese, medaglia d'Oro, dopo aver sostituito l'uno
dopo l'altro i piloti del suo mezzo; immobile nella macchina
presso il cadavere del marconista, con una gamba maciullata,
riesce a trasmettere i dati sulla situazione nemica; un
ultimo proiettile finisce il suo corpo ormai straziato:
medaglia d'Oro.
Due settimane dopo, all'alba del 13 giugno a Bir Harmat
con la Divisione Trieste alla quale è di appoggio,
l'VIII soffre la pressione nemica; qui è colpito
a morte anche lo stesso Bernardis mentre schiera il Battaglione
all'attacco. Prima di morire, con la voce soffocata dal
sangue che lo strozza, passa le consegne all'aiutante
Raffaele Rispoli.
Ad Ovest di Ridotta Capuzzo in una depressione del deserto,
Montemurro con l'intero comando dell'8° dirige la
lotta. Intorno a questa depressione che per nomea soldatesca
diventerà la, fossa dei leoni si accende furiosissima
la lotta il 15 maggio. Tutti combattono dal colonnello
al cappellani agli attendenti; tutti hanno la loro razione
di bombe da consumare, tutti hanno il loro rosario da
recitare con la mitraglia.
E' un piccolo vulcano che vomita continuamente ferro e
fuoco, fumo e polvere, grida di spasimo e di incitamento
fino a quando il nemico cede a tanta resistenza e si ritira
attonito sulle sue prime posizioni.
Il timore di un accerchiamento da parte delle colonne
corazzate tedesche in arrivo e la resistenza indiavolata
dei piumati inducono il generale Wavel a più sagge
esperienze ed a tornare sui suoi passi permettendo a Montemurro
di eseguire l'ordine di Rommel di puntare su Bardia con
i resti della sua Colonna.
Il generale tedesco sarà ancora fiero di averlo
avuto ai suoi ordini in questo frangente per aver dimostrato
una tenace costanza contro un nemico superiore di forze
ed ancora una volta di aver dimostrato le sue alte qualità
di comandante.
Le possibilità di ritirata nemica sembrano ormai
frustrate dalla morsa dell'Asse che stringe Tobruck.
In realtà i nostri reparti costituiscono dei capisaldi
isolati non efficacemente saldati fra di loro e con limitate
possibilità di difesa se non quella del valore
dei singoli, e nel giugno gli inglesi sfruttando questa
nostra carenza tentano con ogni mezzo il ricongiungimento
dei reparti isolati in Tobruck facendo affluire sulla
linea di attacco fra Ridotta Capuzzo e Sollum due poderose
Colonne di carri Mark 2. Il 15 l'offensiva è in
atto e punta sui lati estremi dello schieramento, Capuzzo,
Sollum e Passi Kalfaia. A difesa stanno i fanti della
Trento e i bersaglieri dell'8°, del 9° e del 7°
che non mollano.
La lotta è accanita, all'ultimo sangue. Interviene
l'aviazione tedesca ma con effetti più disastrosi
che salutari. L'attacco nemico però perde il suo
mordente di fronte alla caparbietà dei reparti
italiani e soprattutto all'intervento provvidenziale della
Colonna M che si era trasferita a Ain-el-Cazala e fatta
nuovamente affluire da Rommel ad est dei nemici nei pressi
di Sidi Azeis per tagliare i rifornimenti. Dall'esito
di questa conversione e dalla rapidità con la quale
sarà eseguita dipenderanno le sorti della battaglia.
La marcia è veloce e l'assalto pari alla sorpresa
è effettuato sotto gli occhi dei reparti germanici
increduli a tanta bravura.
La Colonna parte sotto un furioso bombardamento aereo
e raggiunge Sidi Said lasciando al nemico appena il tempo
di fuggire verso il deserto. Ridotta Capuzzo che costituisce
l'estrema avanguardia delle forze dell'Asse è ripresa
da Ugo Montemurro e dal suo grande 8°. La gioia del
possesso però dura poco.
La parte ovest della piazzaforte di Tobruck è ancora
in mano inglese mentre truppe australiane, indiane e neozelandesi
cercano la via del congiungimento. Chi, meglio di questi
reggimenti, può essere in grado di disturbare,
attaccare, rompere, penetrare e scompigliare le forze
nemiche incuneandosi nei suoi capisaldi, interrompere
le vie e seminare disordine con improvvisi colpi di mano?
Montemurro rinforzato dall'Ariete corre nuovamente contro
queste truppe che cercano la via di Tobruck abbandonando
la Ridotta che dovrà essere in seguito riconquistata
con dura lotta.
Il 7° intanto che ha fatto buona guardia al suo settore
in lotte travolgenti e sanguinose, viene tolto dalla linea
e mandato a riposo. Finisce così nel giugno del
'41 la prima fase del confronto africano e il bilancio
della rapida e incontrastata avanzata delle truppe dell'Asse
è positivo fino a Tobruck che rimane tuttavia in
mano inglese. Le Armate si riorganizzano e si preparano.
Ai primi di novembre l'Ariete e la Trieste formano un
Corpo di manovra con all'avanguardia i nostri due Reggimenti,
l'8° e il 9°, pronti a scrivere nelle giornate
desertiche che si approssimano pagine di gloria non scritte
mai in nessun teatro di guerra. Il comando inglese tenta
la grande offensiva cercando di sbloccare Tobruck dalla
stretta dell'Asse e punta con gran numero di mezzi e di
uomini su Bir el Gobi.
I tre Reggimenti, il 7° richiamato dal riposo, si
prodigano nell'arresto dell'offensiva. Tutti i tentativi
nemici si infrangono contro i petti dei piumati; l'8°
reagisce con accanimento ai tentativi di sfondamento della
XXII Brigata corazzata inglese e la blocca; resiste ai
carri senza cedere di un palmo dove non v'è nessun
appiglio ne luogo di difesa, sepolto in piccole buche
scavate con le unghie. Eroiche teste dure quelle dell'8°,
scrive il corrispondente di guerra Fabbri, che Dio gliele
mantenga sul collo col loro bel piumetto sopra. Sparano
contro la muraglia di acciaio avanzante fino quasi a farsi
travolgere. I carri passano veloci nei capisaldi ma i
bersaglieri si voltano e sparano all'indietro anche a
costo di colpire i compagni.
E' così un intrecciarsi di colpi di opposte posizioni
ma tutto delle armi dello stesso Reggimenti e tutti contro
i prepotenti carri; il campo di battaglia è un
inferno ed i piumati di Montemurro, allo scoperto, si
muovono in mezzo al deserto infuocato come fabbri nella
fucina di Vulcani. Le ore eroiche della battaglia si ammantano
di fumo e delle urla leonine di coloro che armati di soli
petti ed incitati dal desiderio di vittoria sanno di vincere
contro le corazze di acciaio. L'avversario è impotente
contro questi petti che traspirano fumo e polvere e che
in continuazione risorgono dal seno della terra come se
avessero mille vite da moltiplicare! Mai sazi di combattere,
di resistere e di morire e di rivivere per ritornare alla
battaglia si aggiudicano il palio della giornata con duecento
prigionieri e cinquanta carri nemici.
Alle loro forze ed al loro ardire fa eco quello dei fratelli
del 9° di Umberto Bordini a Sidi Rezegh e quelli dell'intero
Battaglione autotrasportato del 7° che a Gialo sparisce
nel nulla, avvolto nell'immensità della sabbia,
delle fiamme e della superiorità nemica. Sidi Rezegh
è un costone di sabbia che i bersaglieri del 9°
devono tenere dopo aver travolto la resistenza nemica
e catturato un gran numero di nemici.
Sidi Rezegh è il loro Calvario ed il loro Tabor;
Calvario di morte e Tabor di trasfigurazione eroica. Bordini
è consapevole della sfortunata tradizione del Reggimenti
che pari agli altri e forse più degli altri, nelle
alterne vicende della sua storia, si è sempre coperto
di gloria senza giusti riconoscimenti. All'Ortigara nel
'17 perdette il suo comandante Radaelli ed oltre mille
uomini; al Ponte della Priula nel '18 fece scudo al nemico
che ad ogni costo voleva la sponda destra del Piave.
E' giunto ora il tempo che la Patria sappia di questi
Reggimenti, delle sue tradizioni, dei suoi eroismi e un
giusto posto sia riservato nella storia e nella tradizione
cremisi della Nazione. Ahimé! anche a Sidi Rezegh
dove salisti la vetta del tuo Calvario, dove i tuoi uomini
si sublimarono come gli eroi dell'antica Grecia e dell'antica
Persia, nulla ti fu concesso! Nulla ti fu dato! Non bastò
che Giuseppe Regazzo di Venezia ed il pescarese Settimio
di Battista sparissero nel nulla come i veliti di Achille
sotto le mura di Troia; non bastò che l'umile ferrarese
Aurelio Zamboni emulasse l'eroe di Quota 85 per darti
vanto e gloria imperitura! Un semplice bronzino fregia
la tua Bandiera nel ricordo delle battaglie di Sirtica
e di Marmarica dal novembre del '41 al febbraio del 1942
ad Agedabia, a Sollum e ad El Mechili! Non importa caro
e vecchio glorioso 9°! Ovunque tu apparisti, là
apparì la Patria con tutto il suo onore intatto
e smagliante!
Dopo l'Ortigara ed il ponte della Priula apparisti sul
bollettino di guerra 1123 del Comando Supremo, lo stesso
che diede la notizia della trentaquattresima vittoria
aerea di Francesco Baracca e della sua scomparsa sulle
pendici del Montello; un comune destino di gloria dunque
che da quel giorno non ti ha più abbandonato. Ed
è in questo destino mai ricompensato che sta il
dramma e l'alloro dei tuoi piumati o Reggimento!
Nel dovere di rinnovare in ogni ora della vita il prodigio
della storia dei Figli di Lamarmora sorpassando i limiti
delle possibilità umane, difendendo la tua Bandiera
a viso aperto, senza nulla chiedere, contro forze superiori
per numero e per armamento. E a Sidi Rezegh il 25 ed il
26 novembre, con Regazzo e Di Battista, tutti i migliori,
avvolti nelle fiamme delle stesse bottiglie incendiarie
usate contro le corazze dei carri nemici, accendono un
rogo immenso dal quale esce ancora una pagina splendida
della tua storia.
Due settimane dopo, fra le sabbie di Sidi el Breghisch
la tua storia continua accanto al rottame della mitragliatrice
di Aurelio Zamboni. Tutto attorno a quell'eroe è
ansito possente di battaglia e di morte; le ferite lo
hanno martoriato nel corpo; solo l'animo vive ancora,
e con l'animo stacca il braccio ormai reso inutile dalle
granate nemiche e con un grido di sfida simile a un ruggito
lo lancia contro il nemico.
Quel grido o Reggimento misconosciuto ha superato il tempo!
E' corso per le strade del passato fino a Quota 85 di
Monfalcone a risvegliare Enrico Toti, fino a Gorizia dove
la tua prima medaglia d'Oro, Emilio D'Angelo, cadde alle
porte della città, risuona nel presente e risuonerà
nel futuro per glorificare le virtù di un pugno
di uomini che diedero all'Italia la misura del loro valore
e del loro amore. Che dire di tutti coloro che in queste
due giornate si prodigano con ogni mezzo! Il tenente Pizzinato
guida i suoi motociclisti più e più volte
in un carosello infernale fra le sabbie infuocate; Petris
con le mitragliatrici da 20 millimetri non desiste dalla
resistenza fino a quando le armi sono fuori uso; Maschio
attacca alla baionetta dopo aver esaurite le munizioni;
Vandelli, Manenti e Ranucci con la forza dei loro cuori
e dei cuori dei loro bersaglieri mettono in fuga interi
reparti.
A Sidi el Breghisch gli inglesi adottano un espediente
indegno del nome di un soldato civile e della ricca storia
delle loro tradizioni. Avanzano su Quota 211 tenuta dal
XXVIII Battaglione di Luigi Togna spingendo avanti gruppi
di bersaglieri catturati nelle precedenti azioni. A questo
indegno spettacolo i piumati di Togna scattano come gazzelle
ferite e riescono a porre in fuga il vergognoso nemico.
Un intero Reggimento dell'Afrika cede ai primi di dicembre
e si arrende senza resistere. Sono allora ancora i ragazzi
di Togna e quelli del XXX Battaglione di Chierico a tamponare
la falla aperta e a continuare a resistere ad una intera
Divisione neozelandese ricca di fuoco e di mezzi corazzati.
Cinque ore dura la lotta vittoriosa.
In quei giorni il III Battaglione dell'8° si distingue
a Gar el-Arid nella battaglia di arresto contro l'avversario
che preme ovunque per liberare l'intera Marmarica. A Bir
Hacheim la pressione contro l'8° è insostenibile
come insostenibile è a Bir el Gobi dove il bersagliere
Fernando Nannini Tanucci alla testa del Reggimento Giovani
Fascisti difende quel pozzo e quel nodo carovaniero per
proteggere il ripiegamento verso la Sirtica dei nostri
reparti.
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