Ass. Naz. Bersaglieri Sez. di Desenzano
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LA CAMPAGNA D'AFRICA - Dal libro "I figli del vento e della vittoria" di Fausto Mandelli

Anche i quattro Battaglioni dei Mussolin's Scout con Follini in testa che ancora vantano di chiamarsi Divisione corazzata, arrancano nel deserto con i loro mezzi trascinati a braccia perché privi di carburante. Arrivano a Giarabub in condizioni disperate, senza quasi più nulla, ricchi solo di fame e di sete ma orgogliosi di essere scampati alla prigionia per poter ancora combattere. Arrivano a Giarabub e poi a Gialo e poi ancora verso via Balbia e verso Agedabia. Poche sono le forze in arrivo dalla madrepatria e sono usate alla meglio per rattoppare le falle del fronte sbrecciato in ogni parte vitale.
La traversata del Mediterraneo è difficile; le navi che lo affrontarono sono colate a picco e i Battaglioni del 5° arrivano con gli aerei a dare una inutile ed eroica mano ai compagni superstiti. Sono il XIV, il XXI e il XXIV Battaglione che nei pressi di Tripoli si uniscono ai reparti corazzati solo nel nome dell'8° e del 7° per combattere il nemico, americano questa volta, sbarcato in Marocco ed in Algeria.
Il 7°, rabberciati alla meglio i pochi reparti, prosegue in retroguardia verso la Tunisia egregiamente coadiuvato dall'8° di Gherardini al quale cederà in seguito le sue squadre ridotte ad un lumicino mentre il 12° conciato a meno di un Battaglione agli ordini del maggiore Cavalieri si prodiga ovunque e grazie al suo nuovo sacrificio il fronte riesce a sganciarsi dal nemico che si arresta, prima dell'ultimo atto della tragedia Sirtica e del Gebel, da Keb li a Mareth sulle strade libiche e tunisine.
Il nuovo anno 1943 sorge triste e lugubre attorno a questi estremi caposaldi della nostra difesa in terra africana tenuti dalla nostra Iª Armata della quale fanno parte l'8°, il 10° ed il 7° non ancora incorporato nel confratello 8°, il LXX Motomitraglieri ed il 5° appena giunto.
In questi giorni la Volpe, chiamata in Germania per altri incarichi, se ne va verso il suo nuovo destino che sarà di morte brutale lasciando nei vecchi combattenti un grande ricordo di simpatia e di affetto.
Egli fu un grande soldato del deserto! Gli succede il generale Von Arnim.
Il comando dell'Armata italiana il 15 febbraio passa dal bersagliere Maresciallo d'Italia Ettore Bastico ad un altro bersagliere, il generale Giovanni Messe che già tanto onore si era fatto nella Campagna di Russia grazie particolarmente ai nostri due Reggimenti, il 3° ed il 6°.
Fu certamente merito di Ettore Bastico se i nostri sacrifici di sangue e di materiali furono relativamente minimi durante lo sganciamento dalla pressione nemica nella ritirata e fu merito suo se l'Armata poté giungere al Mareth senza lasciarvi troppi uomini, e sarà compito del bersagliere che gli succede mantenere integro il prestigio e l'onore della Patria negli ultimi giorni della sua catastrofe africana.
E Giovanni Messe riuscirà a mantenere l'impegno con un pugno di uomini valutati si e no intorno ai centomila fra vecchi e nuovi che possono sembrare parecchi, misti alla 5° Armata tedesca, anche se il rapporto di forze e di mezzi e di artiglierie è avvilente: uno contro dieci! Eppure lui riuscirà a resistere per cinque mesi dando un chiaro esempio al mondo ed all'Italia disfattista di quei giorni che il Soldato in linea sa battersi anche solo per l'onore! Per questo onore, con i piumati di Lamarmora si batteranno in quei giorni, incorporati nel XX Corpo d'Armata i Bersaglieri d'Africa della Divisione Giovani Fascisti, la Trieste comandata dai bersaglieri Sozzani e La Ferla ed il XXI Corpo con le Divisioni Pistoia e La Spezia, quest'ultima agli ordini del bersagliere bergamasco Arturo Scattini già distintosi in Grecia a capo del SIM dove si era guadagnato l'Ordine Militare di Savoia.
Il 10° agli ordini del bresciano colonnello Latini, incorporato nella 58 Armata tedesca fin dal 2 dicembre, vede impegnato il XXI Battaglione nella zona di Donar Chemti, nei pressi di Biserta, contro un gruppo di paracadutisti americani e lo cattura con improvviso e brillante movimento non dandogli nemmeno la possibilità di riaversi dalla sorpresa.
Il XXXIV e il XXXV Battaglione alla fine di febbraio sono nei pressi di Capo Serrat all'estremità nord occidentale della Tunisia e combattono contro le truppe algerine e il tenente Francesco La Fata si guadagna il 26 la Medaglia d'Oro facendo olocausto della propria vita mentre difende alla baionetta con i suoi uomini l'onore del Reggimento contro le truppe francesi di colore.
Lo stesso colonnello Latini è gravemente ferito e si guadagna la Croce di Ferro di Prima Classe per il valore suo e di tutto il Reggimento logorato in una pericolosa azione di sganciamento dal nemico, abbandonato dai paracadutisti del Reggimento Bertin che lasciano il fronte, insalutati ospiti, all'insaputa dei bersaglieri, lasciando agli stessi, se mai ce ne fosse stato bisogno, anche il compito di tamponare la falla aperta per non provocare il cedimento dell'intera ala difensiva. Ripiega sui campi minati dagli stessi tedeschi che non hanno mai avuto scrupoli in tutta la Campagna di salvaguardare gli amici e, dopo ingenti perdite, raggiunge una nuova linea e si costituisce in un unico Battaglione provvidenzialmente coadiuvato dal XIV del 5° Reggimento ora agli ordini di Luigi Bonfatti.
In gennaio è la volta dei reparti di quest'ultimo Reggimento appena arrivato.
Al chilometro 15 della strada Gabes-Gafsa ci sono le avanguardie dell'8a Armata inglese da arginare e il XIV Battaglione del maggiore Ceccotti occupa di sorpresa Gabes e Gafsa sorprendendo il nemico già arrivato a sud del nostro schieramento; sfrutta il successo fino al passo Kasserine ed a quello di Diebel Zebbens e alla pista di Tebessa dove, in cerca della Colonna Menton con la quale intende stabilire un collegamento, cade il comandante del Reggimento subito sostituito da Remondini. La Colonna si è improvvisamente dileguata, il collegamento non avviene e la differenza fra le forze che si oppongono è enorme. I bersaglieri si difendono dalle corazze nemiche contro le quali i miseri pezzi da 47/32 nulla servono e Remondini è costretto a ordinare il ripiegamento su El-Guettar sulle posizioni della Iª Armata dove Messe ha stabilito di sbarrare al nemico l'accesso alla Tunisia centrale.
In prima linea ora è il XXII Battaglione con la Divisione Centauro, mentre i resti del XIV e il comando del Reggimento sono arretrati di poco su posizioni che ogni giorno peggiorano strette da ogni parte in una morsa di acciaio.
Ora le forze da fronteggiare sono due: quella inglese e quella americana, e nulla hanno da contrapporre gli uomini di Messe alle migliaia e migliaia di aerei e di mezzi corazzati scaraventati contro di loro!
Solo il valore è rimasto, nient'altro che il valore!
Il 16 marzo incomincia l'urto del grande attacco anglo-americano contro le nostre truppe caparbiamente guidate da Giovanni Messe, capace e pieno di intuizioni.
A Gafsa l'8ª Armata inglese sbaraglia la Centauro e la 5ª americana cerca di cadere alle spalle del nostri schieramenti. Le prime ondate dei mezzi corazzati si abbattono su El-Guettar ma per dieci giorni continui che valgono da soli tutta un'epopea, dice Messe, gli attacchi sino contenuti soprattutto ad opera del 5° bersaglieri posto al centro della Centuaro diluita su un lunghissimo fronte.
I suoi Battaglioni sono continuamente impiegati dove la lotta è più aspra e dove le falle sono più pericolose; sono dieci giorni di resistenza allo spasimo, di attacchi e contro attacchi, di tamponamenti e di ripiegamenti e fughe verso nuovi capisaldi che permettono alla linea di arretrare nuovamente fino verso il mare, fino al porto di Sfar.
Il XXXIV e la 5ª Compagnia motociclisti assegnati alla 5ª Armata tedesca verso la fine di gennaio affrontano la disperata situazione di El-Sfar e si ricongiungono agli avanzi del 10° per chiudere una delle tante brecce aperte nel fronte.
Sono giorni tremendi di prove e di perdite nei quali le difficoltà da superare sono infinite in terreni resi difficili dalla loro stessa natura geologica e dal nemico marocchino che si batte nella sua terra.
A Endaville finalmente Remondini raccoglie le forze superstiti del Reggimento e costituisce un gruppo di combattimento a fianco della 10ª corazzata tedesca. Il 7° animato sempre da Straziota blocca le azioni lungo la strada di Telepte e Tebecca dove cade ferito il comandante del V Battaglione Cavalieri; il XII si batte ai confini dell'Algeria ed ancora il V con lo stesso Straziota in testa si impegna a Gafsa contro l'ennesima infiltrazione dei carri nemici.
Le perdite sono ancora altissime e tutto quanto resta del Reggimento, tre volte decimato e tre volte ricostruito, si affianca ai camerati dell'8° per frenare il nemico nei giorni 16, 17 e 18 marzo per l'ultima difesa di Mareth in questa prima battaglia di Tunisia.
Il 21 marzo l'attacco si delinea violento di fronte allo schieramento della Divisione Bersaglieri d'Africa e dell'8° destinato a nuovi sacrifici ed a nuova gloria con il suo X Battaglione rovesciato e sommerso dopo impari lotta per il cedimento dell'intera Divisione tedesca dei Granatieri d'Africa. L'XI e il V si gettano al contrattacco; il nemico non cede ma per il momento è tamponato.
Il 22 gli Scout ricacciano gli inglesi da tutte le Quote occupate.
La stampa di quei giorni definisce i bersaglieri dell'8° e quelli della Divisione Giovani Fascisti, diventati ormai da tempi i Bersaglieri d'Africa per il gran numeri di piumati che combattono nelle loro file, i Morituri del Mareth tanto epica e sovrumana è la loro resistenza e tanto grande è il numero dei morti che con pochi vivi hanno fatto barriera insormontabile di petti.
E' questa la conferma e la riprova della spiritosa legge dei sette salti dopo morti codificata solo nella mente del popolo e tramandata dalla viva voce di chi ha visto i bersaglieri combattere e morire.
E' la tradizione che continua; quella del Ponte di Goito e di Roma, di San Martino, di Monte Croce, di Adua e di Dogali, di Sciara Sciat e del San Michele portata fino a Tobruck e ad El Alamein ed al Mareth dove anche i morti ricalcano il piumetto sul capo e riprendono in mano il fucile per ritornare a combattere.
Nel settore dell'8° del colonnello Gherardini la massa nemica preme prepotente con tre Divisioni corazzate intese a sbaragliare l'ultimo pugno di ostinati difensori stretti attorno alla loro Bandiera come in un quadrato ideale, pronti a sacrificarsi ed a morire per l'onore delle armi. Ed il nemico ben si accorge di ciò: in sette giorni di aspra contesa riuscirà a spazzare il terreno solo dopo una estrema resistenza dei piumati.
Interi Reggimenti sono distrutti; Brigate famose come quella delle Guardie, sono annientate. I Battaglioni Blach e Durham Ligt della 30° e della 5 Divisione inglesi si sono polverizzati ed i loro morti giacciono a mucchi davanti alle posizioni dell'8°; centocinquanta carri armati della XXIII Brigata corazzata sono posti fuori uso nonostante la scarsezza dei nostri mezzi; i bersaglieri sbucano improvvisi davanti a questi mostri di acciaio colpendo i cingoli e facendo penetrare le bombe nelle feritoie.
E' un continuo accorrere in ogni angolo della battaglia per respingere infiltrazioni ed evitare aggiramenti; è una gara fra bersaglieri e fanti tedeschi a chi arriva prima sul nemico. L'XI Battaglione del tenente colonnello Giovanni Lonzu rimane isolato per due giorni eppure non molla.
Il 26 i morituri del Mareth sono veramente morti! Metà dei piumati impegnati sono spariti nel nulla in una lotta che dura ancora selvaggia e che ha consumato fino all'ultimo uomini e mezzi.


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