Ass. Naz. Bersaglieri Sez. di Desenzano
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LA CAMPAGNA D'AFRICA - Dal libro "I figli del vento e della vittoria" di Fausto Mandelli

Il 7° corre a raggiungere i fratelli del 9° e dell'8° e li supera appunto a Marsa Matruh dove penetra nel dispositivo fortificato della piazza e occupa il campo di aviazione di Fuka dopo aver scavalcato i reparti motorizzati della Trento, della Brescia, della Pavia e della Littorio.
Alle 9,30 avevano spazzato via tutto come una raffica di vento caldo, dice Paolo Caccia Dominoni, ed il paragone è doveroso perché il loro colonnello comandante si chiama Scirocco.
Sulla palazzina del comando dell'aeroporto un'antenna reca ancora l'Union Jak inglese e la sagola è stata tolta perché sia meno agevole ammainare il vessillo. Ci pensa Mario Guainazzi, valoroso centro mediano dell'Inter ed ora ottimo piumato, ad arrampicarsi come una scimmia sui muri del caseggiato e poi sul grosso palo levigato che non offre appigli; per lui, si sa, è un giuoco; stacca la bandiera inglese e vi sostituisce quella italiana mentre alcuni cinematografari filmano la scena.
Molti anni dopo, in un frammento televisivo di imprese bersaglieresche africane si vedrà il baldo Guainazzi, campione ammirato su tutti i campi del calcio italiano, sventolare il piumetto ed il Tricolore della Patria sul pennone più alto di Marsa Matruh conquistata dalle armi del 7° Reggimento bersaglieri che continua la sua marcia fino alla stretta di El Alamein mentre il X ed il XII Corpo d'Armata con l'Ariete e la Littorio in testa ed il provatissimo 12° del tenente colonnello Ronchetti si attestano sulla linea Kalfaia-Sollum.
El Alamein è la meta agognata oltre la quale Rommel intravede Alessandria d'Egitto!... e la vittoria sugli inglesi.
I bersaglieri si schierano con forze ridotte a poco più di mille uomini per Reggimento e si preparano alla battaglia di investimento.
La calda estate africana incomincia a farsi sentire e ad appesantire le forze già provate dai combattimenti e dai rifornimenti che ritardano ad arrivare. La bilancia che finora aveva pesato a nostro favore si capovolge a favore dell'8' Armata inglese rifornita in quei giorni da potenti mezzi aerei che i nostri pochi rimasti nella lotta non riescono a pareggiare.
Le condizioni delle nostre Armate sono dunque precarie e possono da un momento all'altro mostrare la loro carenza, ma il sogno delle piramidi vicine e la buona stella che splende ancora inducono la Volpe ad una temeraria quanto imprudente azione di attacco che coinvolge i bersaglieri del X e del XXIII Battaglione di Amodei e Cavaleri, del 7° Reggimento, buttati alla conquista di El Alamein con una audacia pari a quella dei loro antichi padri a Palestro, audacia definita stupefacente dal nemico ed incomparabile dallo stesso Rommel.
Raggiungono il chilometro 111 di Alessandria sotto un fuoco tenace che fa perdere loro il sergente maggiore Giovanni Pasquazzo ed il bersagliere Ernesto Drometo ma nessuno ci bada, tante sono ormai le croci di questi irriducibili Battaglioni lasciate sulla strada nei giorni scorsi!
Da Quota 27 il colonnello Scirocco scruta l'orizzonte.
La battaglia divampa su tutta la linea; le punte più avanzate stanno completando l'accerchiamento di Alamein ed impegnano seriamente la difesa nemica.
Nella notte del primo luglio si gettano nella mischia l'Ariete, la Trieste, la Brescia, la Pavia e la Littorio, quest'ultima con il 12° cui spetta la maggior parte del sacrificio sul terreno insidioso di Dier Adu el Hiqueif verso il mare. Cadono il tenente Pianella, i bersaglieri Belli, Busi, Battaglini, Luigi Bonazzi, Fernando Bartolomaso, Bossi, Marcagno, Umberto Ronco e Antonio Rossi.
La Quota 33 è la più contesa e su di essa il grande sacrificio sarà consumato dall'8°!
Questo cocuzzolo è segnato sulla carta inglese con il nome originale di Tel el Cheinhk Feld Adu Sharshir che vuoi dire Colle dello Sceicco Feld padre di Sharshir, ma i tedeschi, d'autorità, lo hanno chiamato Herker Hóme dal nome del colonnello che lo occupò con la sua Colonna da sbarco mista ai marinai del nostro San Marco.
Gli italiani più spicci si accontentano della nomenclatura altimetrica e lo chiamano Quota 33 e su di esso il nemico in tre soli giorni dimezza parecchi reparti e ne annienta totalmente altri come fa con la martoriata Ariete il 3 luglio mentre si batte generosamente per coprire l'attacco dei Panzer Granadien tedeschi che tentano di avvolgere lo schieramento e chiudere la piazzaforte tra il mare e il deserto. Isolata, l'Ariete, lascia sul terreno oltre seicento morti tutti dell'8°, del 132° carri e del 132° artiglieria e una trentina di cannoni e venti carri dei trenta che a mala pena era riuscita a racimolare prima della battaglia.
L'intero XXI Corpo del quale fa parte l'8° minaccia di cedere, ma Rommel che in queste situazioni ha quasi il potere di uno stregone, tira fuori una batteria racimolata chissà dove e riesce con pochi colpi a frenare la forza nemica.
Narrano le cronache che in certi momenti la battaglia ebbe il sapore di una rissa da osteria dove il piccolo spazio non permette agli opposti contendenti di schierarsi e si formano ovunque gruppetti che si massacrano fra loro a sediate, a coltellate e a bottiglie.
Il 2 luglio la zuffa è generale attorno alla cintura minata della piazzaforte ed il terreno coperto com'è di acciaio fumante e di cadaveri fa paura come se la battaglia fosse stata iniziata da parecchie settimane prima.
E' incominciata invece il giorno i e si calmerà soltanto il 4 per riprendere spietata il 10 a rompere il fronte fra il mare e la ferrovia di Alessandria. L'8 però è tremendo per il 9° che in testa alla Trieste si batte con rara perizia nella depressione di El Cattara perdendo ancora due terzi dei suoi effettivi con i tenenti Enrico De Maria e Candido Giulio Richeli in un sacrificio simile a quello dei padri allo Javorkech e al ponte della Priula.
Da parecchi giorni la Volpe non ha riposo; è sempre presente nei punti più infuocati della battaglia; rimedia e provvede con ogni mezzo; scaraventa a destra e a manca i reparti ridotti a spettri. Sta compiendo l'ultimo capolavoro della sua vita militare.
Nel dramma gigantesco che lo vede regista e primo attore dimentica perfino il capo del governo italiano arrivato in Egitto per l'ingresso vittorioso in Alessandria, e pensa inutilmente ma con perizia consumata, a rabberciare la falla che la notte del 10 gli australiani hanno aperto lungo il mare fra l'X1 Battaglione del 7° e l'85° e l'86° fanteria della Sabratha appena giunti in linea e non ancora orientati.
Vi riesce e trova subito da utilizzare la 164° tedesca con la Trento e tutti i bersaglieri disponibili del 7°; non solo, tenta di rioccupare Quota 33 con l'XI Squadrone carristi del maggiore Verri.
Qui però le cose non vanno per il giusto verso e l'azione non riesce; mentre bersaglieri e tedeschi rabberciano la linea lungo la costa i carristi sono costretti a ripiegare sulla linea di partenza. Dai carri immobilizzati e fumanti escono i superstiti quasi tutti feriti e ustionati e malamente protetti dagli unici tre rimasti che cercano di rientrare al costone di Marsa Hamra quando tutto attorno sibilano i proiettili del nemico vicino.
Il giorno 8 anche la Trento subisce la stessa tragica sorte. Gli aerei della RAF hanno inquadrato i vecchi pezzi da 75/27 modello 1906 della sua artiglieria e li frantumano.
La seconda decade di luglio trascorre in alterne vicende e i vuoti dei reparti sono paurosi. Le perdite riportate da ambo le parti sembrano portare un equilibrio alla stanchezza del fronte e paralizzano un poco le operazioni.
E' passato un mese da quando i nostri reparti con una corsa alla bersagliera sono venuti a cozzare contro il sistema difensivo di El Alamein e la stampa nostrana continua a parlare di spinte veloci e di nemici che scappano terrorizzati e non dice invece che gli sparuti resti delle nostre Divisioni sono inchiodati ai campi minati del deserto e minacciati da artiglierie e fanterie fresche e forze blindate rifornite a getto continuo.
Fino alla sera del 3 agosto Rommel, ancora fidente nella sua buona stella, spera di cavarsela, ma nei giorni seguenti la resistenza degli uomini sfruttati oltre ogni possibilità comincia a vacillare.
Anche Mussolini dopo tre settimane di permanenza a Sollum rientra in Italia abbandonando il sogno di cavalcare per le vie della capitale dell'Egitto con il suo cavallo bianco!
Scompare dalla scena in quei giorni anche la Sabratha con i suoi magnifici Reggimenti, l'85° e 1'86° fanteria che si erano battuti poco prima con i bersaglieri dell'XI Battaglione del 7° e con lei scompare anche il 30 artiglieria celere!
Dal 14 al 18 luglio la battaglia non ha tregua e le perdite sono ancora rilevanti; il 61° fanteria della Trento salva alcuni momenti pericolosi della battaglia e Rommel lo cita all'ordine del giorno.
Il 22 le sorti ormai disperate sembrano capovolgersi. Che la stella del tedesco torni a brillare?
L'8' Armata inglese ora agli ordini di Sir Claude Auchinlech, comandante in capo del Medio Oriente, subisce scacco matto tra Ruweistat e Bab el Cattara dove il 9° con Luigi Togna si batte con rara disperazione perdendo ancora due terzi dei suoi effettivi. Anche il 61° fanteria si prodiga ancora generosamente e millecinquecento prigionieri con molte artiglierie cadono nelle nostre mani. La bella illusione dura solo cinque giorni!
L'8' riattacca ed il successo mancatogli arride il 27 alla XXIV Brigata indiana e alla XIX britannica. Tedeschi e italiani sono sopraffatti e solo l'arrivo del 46° artiglieria della Trento mette un pò di equilibrio nelle forze bloccando il nemico. La giornata è costata centodieci carri, quaranta autoblindo e quindici aerei all'avversario, ma i bersaglieri del 7°, dell'8° e del 12° sono ancora in testa alla statistica dei morti. Poco si sa di loro; un censimento esatto delle perdite non è possibile, forse non lo si saprà mai; reparti interi sono scomparsi con i ruolini e i carteggi. Tra quelli del 7° si sa del caporale Cesare Garavaglia milanese due volte decorato. All'8° mancano i capitani Garzia e Stropeni ed il maggiore Motta morto pochi giorni dopo in ospedale e una ventina di uomini; il 12° ha lasciato sul campo il maggiore Nardi, i tenenti Pecorati, Bucci, Pagella e Ughi e una settantina di bersaglieri tutti scomparsi nella mischia.
Anche il tenente Rispoli che aveva ricevuto in consegna l'VIII Battaglione corazzato da Silvano Bernardis muore il 24 luglio!
Questo bel reparto dai modestissimi autoblindo privi di ogni forza di resistenza contro i colpi nemici e che il 19 maggio a Got el-Ualeb con Ruffo Albanese aveva scritto la sua prima timida pagina di storia, sulla Quota 21 di Alamein il 18 luglio continua la tradizione appena iniziata aggiungendo un capitolo al suo breve e modesto ruolino con la medaglia d'Oro di Gavioli Kruger.
Il 9° ora è ridotto alla forza di un unico Battaglione e si raggruppa nel XXX, ed al 7° dopo le disperate giornate di El Cattara restano poco più di duecento uomini!
E' di questi giorni la frase di Erwin Rommel ormai passata nella nostra storia: Il soldato tedesco ha stupito il mondo, i bersaglieri d'Italia hanno stupito il soldato tedesco. Una frase che pronunciata da un generale della sua statura onora tutto un Corpo e con esso tutti i soldati d'Italia che in terra africana si sono battuti da prodi.
Gli avvenimenti che avevano portato le nostre armi quasi sul vento dei piumetti dei bersaglieri e così favorevoli fino alla prima decade del mese di luglio, incominciano a mutare e Rommel che ad ogni costo voleva tagliare in due tronconi l'8 a Armata inglese incomincia ad impensierirsi.
Forse la dea bendata lo sta abbandonando; la sua stella non torna più a brillare, anzi, impallidisce.


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